E’ di recente diffusione la notizia sul divieto di usare il “cellulare” in classe alla ripresa dell’anno scolastico.
Il Ministro dell’Istruzione ha ragione quando richiama l’attenzione all’uso non disciplinato della tecnologia, ma credo si debba fare qualche ragionamento.
Innanzi tutto, il termine cellulare è obsoleto. Lo smartphone è uno strumento complesso e sofisticato che permette lo svolgimento di tutta una serie di servizi, in modalità mobile, ormai indispensabili per ognuno ed in particolar modo per chi non possiede altro tipo di tecnologia, condizione spesso ricorrente per molti studenti provenienti da famiglie meno agiate.
Imparare ad usare bene e responsabilmente questo strumento fin da giovani vuol dire diventare, da grandi, più competitivi e produttivi. Poter far parte di una community digitale, essere connessi e poter comunicare con gli altri in modo consapevole.
Inoltre, relegare lo smartphone nel limbo dei divieti significa evocare una dinamica oscurantista e medioevale, secondo la quale quello che non si capiva era male. Il proibizionismo, inoltre, ha da sempre creato meccanismi di ostilità e rifiuto della norma, sebbene nell’interesse collettivo.
Creando, invece, dei momenti di apprendimento con utilizzo intelligente, ed appropriato alle varie età, di tutte le tecnologie integrate, anche quelle tradizionali, si può offrire la possibilità di fare un uso responsabile e utile dello strumento tecnologico.
Ritorno al diario tradizionale
Il Ministro ha “suggerito” inoltre l’idea fare ritorno al diario tradizionale, come strumento per annotare le attività didattiche, sebbene ci risulta che il diario venga ancora usato nelle scuole.
Al momento quindi non è chiaro se il “cellulare” debba essere vietato in classe, per poi essere utilizzato a casa, in particolare dai genitori, per controllare le attività scolastiche.
Se lo smartphone è escluso dal processo di apprendimento, per tutta una serie di motivi che possiamo definire accettabili, perché il suo utilizzo dovrebbe miracolosamente tornare legittimo quando il ragazzo rientra a casa dopo la scuola? Se il ragazzo si distrae a scuola per colpa del “cellulare” lo farà anche in casa. Lo scenario che si prospetta appare come una cessione di responsabilità invece che una condivisione.
Quindi se l’allievo non deve essere digitale in classe, allora la scuola non potrà certo pretendere che la famiglia si assuma l’onere di supportare il proprio figlio nella didattica con strumenti digitali “domestici”.
Adoperando il meccanismo del “divieto” la scuola rinuncia di fatto al suo ruolo di educare all’uso della tecnologia e di integrare tali strumenti con la socialità necessaria alla maturazione dei ragazzi.
Si rende quindi necessario negoziare un nuovo patto con gli allievi che metta in risalto le criticità nell’uso eccessivo della tecnologia in particolare quella proveniente dai social media, che effettivamente producono una effetto di assuefazione, con l’esigenza di acquisire delle competenze che vanno ben oltre la fruizione passiva di contenuti digitali sterili di argomenti.
Come spiegare questo paradosso ai propri figli?
A questo punto però dovrebbero essere escluse anche le famosissime chat dei genitori coi rappresentanti di classe, attraverso le quali si concentrano tutte le informazioni didattiche ed extra-didattiche, che pur svolgendo un importante compito di coordinamento sono caratterizzate da un uso improprio ed eccessivo, non rispettoso dei principi basilari di netiquette. Chiaramente questa è una affermazione provocatoria che però mette in risalto la tendenza a considerare le cose in modo unilaterale.
Il punto di domanda è quindi se bisogna avere un rapporto con la tecnologia che sia integrato nella propria vita, oppure la tecnologia è utilizzata alla stessa stregua di un elettrodomestico che accendiamo o spegniamo quando ci è più comodo? Che possiamo ignorare quando non la conosciamo oppure non la sappiamo adoperare?
Non sarebbe più intelligente educare tutti i componenti di questo sistema di relazioni sociali (genitori, figli, insegnanti, educatori, etc.) ed un uso responsabile e produttivo della tecnologia? In modo da poter accedere tutti in modo organico ad un livello superiore di comunicazione ed efficienza?
Prendendo in prestito le parole del celebre saggio di Umberto Eco del 1964, Apocalittici e integrati, citato nel titolo, con il quale Eco analizza il tema della cultura di massa e dei mezzi di comunicazione di massa, definendo “apocalittici” coloro che esprimono un atteggiamento critico nei confronti della moderna cultura di massa e “integrati” coloro che ne hanno una visione più ottimistica: Vogliamo avere un atteggiamento oppositivo alla tecnologia oppure vogliamo capire in che modo la tecnologia può migliorare le nostre vite ed integrarsi con esse?